Quotazioni del petrolio impostate al rialzo
Nell’estate 2018 il prezzo del WTI, il punto di riferimento per il petrolio americano, era arrivato a superare i 75$ al barile, mentre il Brent, benchmark per il greggio del mare del Nord, veleggiava in area 85$. Per il petrolio, lo scenario è cambiato da ottobre in poi, con un ultimo trimestre 2018 da dimenticare, segnato da forti cali. Poi, però, le quotazioni del petrolio sono tornate sugli scudi nella prima parte del 2019, grazie al corposo rialzo messo a segno dall’oro nero. Il WTI, acronimo di West Texas Intermediate, ha raggiunto i 62 dollari al barile, grazie ad un recupero dai minimi dello scorso dicembre prossimo al 50%, con il miglior trimestre iniziale dell’anno dal 2009. L’andamento è stato simile per il Brent (ossia il prezzo di riferimento per il petrolio del Mare del Nord), che naviga ad un passo dai 70 dollari.
Quali sono state le ragioni che hanno spinto gli investitori ad acquistare a mani basse il petrolio e gli strumenti finanziari ad esso correlati? Senz’altro sono molteplici. In primo luogo, ad inizio anno è emerso in modo chiaro che la Federal Reserve nel 2019 non sarebbe stata in grado di proseguire al ritmo preventivato nel percorso di rialzo dei tassi. Questo elemento è stato interpretato dai mercati come un fattore di possibile spinta per la crescita mondiale o quantomeno un elemento in grado di rallentare la frenata dell’economia, ormai pronosticata da numerosi analisti. Le borse si sono dunque mosse al rialzo, a braccetto con le quotazioni dell’oro nero, supportate anche dalle aspettative per ulteriori tagli alla produzione da parte dell’OPEC+ (ossia il cartello dei paesi produttori di petrolio, allargato con alcuni paesi non facenti parte originariamente di questa lobby). Inoltre, i 14 paesi produttori di petrolio che fanno parte dell’OPEC hanno ridotto la loro quota di quasi 300.000 barili al giorno da febbraio a marzo 2019, circa l’1% della produzione mondiale, visto che l’output complessivo di petrolio si assesta a 30.385 milioni di barili, stando ai dati resi noti da Bloomberg. A guidare i tagli è stata l’Arabia, leader indiscusso dell’OPEC stesso. Vanno poi ricordati i blackout del Venezuela, uniti alle restrizioni imposte a paesi come l’Iran hanno rappresentato un ulteriore elemento a supporto della corsa dei prezzi. Nel giro di pochi mesi i timori relativi ad una possibile sovrapproduzione di petrolio sono nuovamente spariti, lasciando spazio alla ripresa dei prezzi. Lo scenario complessivo per il prezzo del petrolio è dunque ancora impostato al rialzo, anche se lo spazio per ulteriori recuperi va via restringendosi, mentre incognite come la Guerra dei dazi (fra Cina e Usa), le elezioni europee di fine maggio, la Brexit, restano dietro l’angolo.