La correlazione oro dollaro affossa il lingotto
Le quotazioni dell’oro hanno raggiunto nella seconda metà di giugno nuovi minimi, con il prezzo del metallo giallo che si è portato sui 1.260 dollari l’oncia, per poi rimbalzare leggermente. Alla base della debolezza del prezzo dell’oro troviamo la forza del dollaro e le crescenti aspettative per nuovi rialzi dei tassi da parte della Federal Reserve, la banca centrale americana. Il legame fra il prezzo dell’oro e i tassi americani non rappresenta certamente una storia nuova, ma vale tuttavia la pena analizzare il tema della correlazione fra oro e dollaro con maggiore attenzione. Tendenzialmente il rapporto fra l’andamento dei tassi di interesse ed il prezzo dell’oro è inverso, ossia oro e tassi Usa godono di una correlazione inversa. In altre parole, quando i tassi americani salgono, le quotazioni del metallo giallo dovrebbero tendere a muoversi al ribasso, mentre quando i tassi della banca centrale americana si muovono al ribasso, l’oro dovrebbe avere un’impostazione maggiormente rialzista. Va tuttavia sottolineato che questa correlazione inversa fra oro e tassi della Federal Reserve non risulta sempre verificata. Si pensi, a titolo esemplificativo al finire degli anni Settanta, quando il prezzo dell’oro saliva contemporaneamente a tassi in crescita, così come al 2005-2006 o al 2017. Nuove discese dell’oro potrebbero a questo punto determinare ulteriori acquisti da parte delle banche centrali, collezioniste di lingotti di oro per le loro riserve auree. Dal punto di vista tecnico il primo supporto pare collocato a 1.260 $, con possibile spazio per allunghi verso i 1.240/1.245, dove sono collocati i minimi raggiunti dal prezzo dell’oro nel dicembre 2017, prima della cavalcata di fine anno che aveva riportato l’oro sopra quota 1.300$.