La Bundesbank accelera per il rientro in patria dell'oro. Tempi cupi all'orizzonte?
Passano gli anni, cambiano gli scenari, ma il mondo finanziario ruota ancora una volta intorno al metallo giallo, con la Germania che sta accelerando il rientro delle sue riserve d’oro fisico. La conferma è giunta giovedì scorso nel corso di una conferenza stampa tenuta a Francoforte da Carl-Ludwig Thiele, uno dei consiglieri del board della Banca Centrale Tedesca. Come si ricorderà, dopo le polemiche interne del 2012 che avevano messo in discussione la reale esistenza delle riserve auree depositate negli USA, nel 2013 la Bundesbank aveva avviato il rimpatrio di una prima tranche dell’operazione che avrebbe dovuto concludersi nel 2020. Per la precisione nel solo 2016 sono rientrate 216 tonnellate di lingotti, 111 dagli Stati Uniti (8.880 lingotti da 12,5 chilogrammi l'uno, le tradizionali barre da 400 once, del valore di circa mezzo milione di dollari cadauno) e le altre 105 in Francia.
La Bundesbank ha ora richiamato in patria 583 tonnellate di oro situate a New York e Parigi, con questa mossa l'istituto centrale presieduto da Jens Weidmann punta ad avere metà del suo oro a Francoforte entro la fine dell’anno, con tre anni di anticipo. Il resto delle riserve, per evidenti motivi di sicurezza, rimarrà presso tra la Federal Reserve Bank di New York (1.236 tonnellate) e la Bank of England (432 tonnellate).
La decisione tedesca, può assumere anche dei precisi risvolti politici ed è stata interpretata come un segnale di sfiducia nei confronti di alleati storici, anche a seguito del ritorno di forti sentimenti nazionalistici, guidati da Trump negli USA e dalla Le Pen in Francia. Ma può anche rappresentare un chiaro sintomo della crescente sfiducia nei confronti del futuro della moneta unica e dell'eurozona in generale. Il dato più eclatante sarà che entro la fine dell’anno non ci sarà più oro tedesco in Francia, le ultime 91 tonnellate lasceranno i forzieri della Banque de France.
All’inizio dell’anno le 3.378 tonnellate d’oro di riserva (dal valore di oltre 120 miliardi di euro) erano così suddivise: il 47,9% era collocato a Berlino, il 36,6% presso la Federal Reserve, il 12,8% a Londra nei caveaux della Banca d'Inghilterra e il 2,7% presso a Parigi. Uno scenario ben diverso dagli anni della Guerra Fredda quando il 98% dei lingotti era ospitato all’estero per il timore dell’invasione da parte dell’Urss.
Stando ai dati pubblicati ogni mese dal World Gold Council, l'entità che coordina il mercato mondiale dell'oro, a febbraio 2017 la Germania è il secondo detentore dopo gli USA (8.133,5 tonnellate). L’Italia si colloca al quarto posto con 2.451,8 tonnellate, precedendo la Francia (2.438 tonnellate) Addirittura guadagna una posizione se si esclude il Fondo Monetario Internazionale, che di per se non rappresenta una singola nazione. 1.110 tonnellate, circa il 45% dell'oro italiano, sono detenute nei caveau di Via Nazionale, mentre altre 1061,5 tonnellate sono detenute negli Stati Uniti, le residue quantità a Londra ed in Svizzera (dati dalla Banca d'Italia).
La mossa della Germania potrebbe pertanto essere definita come precauzionale a fronte della possibilità di dover affrontare un periodo molto difficile. L’articolo apparso su Reuters, è la conferma dei timori crescenti avvertiti dalla Bundesbank.
Alla crisi perdurante dell’euro e la debolezza economica di un’area, l’Eurozona è insabbiata ormai da un decennio in una fase di debolezza, complice anche la situazione italiana, si aggiunge ora la lunga stagione delle tornate elettorali che interesseranno i maggiori paesi: Olanda, Francia, Germania e probabilmente anche l’Italia. Elezioni che si svolgeranno in un contesto in cui è in crescita il rifiuto dell’euro. E qui può innestarsi anche la classica “opzione b”. Secondo indiscrezioni riportate dalla Reuters non è da escludere un piano in cui il ricupero delle riserve auree serva come garanzia di un nuovo marco che verrebbe emesso, nel caso di rottura dell’Eurozona.
Sempre l'agenzia di news ricorda come la fiducia nell’euro, già ai minimi storici, abbia vacillato dopo le recenti dichiarazioni di Marine Le Pen, candidata all’Eliseo, e del M5S, che hanno invocato l’uscita dall’euro rispettivamente di Francia e Italia. Nella conferenza stampa Thiele ha sottolineato come la Brexit non abbia avuto inciso nella decisione di affrettare il piano di rimpatrio dell’oro, dal momento che Londra, storica capitale del mercato dell'oro, rimanga sempre un centro chiave per il trading del metallo giallo, e pertanto un posto sicuro dove conservarlo.
Nella foto (tratta da Reuters) Thiele presenta il piano in conferenza stampa