Federal Reserve - Previsioni Tassi
Previsioni sui tassi di interesse della Federal Reserve. Analisi a cura di Mirabaud AM: trascurare le pressioni sulle supply chain porterà maggiore incertezza e volatilità.
Dopo le intense speculazioni sulla tempistica di un cambio di rotta della Federal Reserve, o quantomeno di una pausa nei rialzi dei tassi di interesse, a gennaio non si è fatto altro che parlare di recessione e di quando sarebbe arrivata. La domanda era se la recessione sarebbe arrivata nella seconda metà dell'anno o nel 2024.
In entrambi i casi, era chiaro che il mercato aveva escluso la possibilità di ulteriori aumenti dei tassi statunitensi. Poi, il 3 febbraio, i dati relativi ai salari non agricoli (non-farm payrolls) hanno cambiato le carte in tavola. A gennaio ci sono state oltre mezzo milione di nuove assunzioni e un aumento della retribuzione oraria media. Forse il mercato del lavoro negli Stati Uniti è ancora rigido e l'economia fatica ancora a riprendersi?
Sebbene l'inflazione statunitense abbia iniziato a scendere dal picco del 9%, siamo ben lontani dall'obiettivo del 2%. Pertanto prima di raggiungerlo potrebbero ancora accadere molte cose che potrebbero scatenare l'incertezza economica e far aumentare la volatilità.
Supply chain e tassi di interesse
Per analizzare la situazione e fare previsioni sui tassi di interesse, un fattore da considerare sono le supply chain. Secondo le stime di consenso la situazione è tornata alla normalità. Ma non è così in tutti i settori, come nel caso della supply chain alimentare e quella dei semiconduttori. Inoltre, sebbene l'inverno sia stato abbastanza mite, portando a una riduzione della pressione sulla supply chain energetica, l'avvicinarsi dell'estate - con una maggiore richiesta di aria condizionata e carburante per veicoli - mette l’approvvigionamento di petrolio e gas in una posizione più precaria. La situazione è in qualche modo esacerbata dal fatto che l'OPEC e la Russia potrebbero tagliare l'offerta per sostenere i prezzi. Negli Stati Uniti persistono anche problemi di manodopera, con carenze in settori come l’hospitality e il tempo libero.
Trascurare questi punti deboli significa che la discesa dell'inflazione potrebbe richiedere più tempo di quanto il mercato abbia già prezzato, portando a un'elevata volatilità a breve termine.
Previsione per i tassi di interesse della Federal Reserve
Se ciò dovesse accadere, sarebbe plausibile che la Fed possa mantenere i tassi più alti più a lungo, o addirittura alzarli a un livello superiore a quello previsto. Il mercato sta prezzando un tasso terminale del 5% con poca flessibilità per gestire l'incertezza, ma se le pressioni sulle supply chain aumentassero, potrebbe essere necessario passare al 5,25%.
Dal punto di vista degli investimenti, questo possibile bivio nel percorso verso un'inflazione al 2% non fa che aumentare la necessità di essere guidati dai dati ed essere pronti a riposizionarsi in qualsiasi momento, poiché ogni nuovo dato diventa un indicatore più importante del precedente. In risposta agli ultimi dati sui salari non agricoli di venerdì 3 febbraio ci siamo posizionati in modo più conservativo nell'immediato, aumentando la liquidità e aggiungendo duration e coperture del credito.
Tassi Federal Reserve nel medio termine
Nel medio termine, riteniamo che l'incertezza sia destinata ad aumentare, con un conseguente incremento della volatilità, soprattutto perché il mercato ha scelto di ignorare i messaggi da “falco” della Federal Reserve. Continuiamo a seguire la nostra strategia volta a migliorare la qualità, evitando i titoli ciclici più deboli. Per quanto riguarda invece il nostro tema legato alla riapertura della Cina, abbiamo aggiunto in particolare nomi di leasing di compagnie aeree, dato che la domanda di viaggi internazionali continua a migliorare.
Dollaro
In aggiunta a quanto visto nel report di Mirabaud, esaminiamo l’andamento del dollaro sul forex market. A livello operativo possiamo segnalare come le aspettative per una Federal Reserve maggiormente aggressiva abbiano nuovamente rafforzato il dollaro. Il cambio fra euro e dollaro, infatti, dopo i massimi toccati a inizio febbraio in area 1,10 è sceso verso 1,06. Resta scambiato intono a 1,20 sterlina/dollaro, mentre il cambio USD/JPY naviga poco sotto 135. La nomina del nuovo governatore della Banca centrale giapponese non ha quindi rafforzato lo yen, almeno per il momento.