Brexit: a farla da padrone sul versante britannico è il caos
E’ una Brexit sempre più caotica. Almeno sul lato britannico le idee paiono essere, come si suol dire, poche e ben confuse. Il piano di Theresa May, in questa fase di inizio delle negoziazioni, era quello di trovarsi a capo di un governo “strong e stable”, scenario che non si è verificato, con l’esito elettorale dell’8 giugno scorso che l’ha privata della maggioranza assoluta nel parlamento britannico, costringendola ad una pericolosa alleanza per un governo di minoranza con gli unionisti nordirlandesi. La sua popolarità è crollata, anche dopo la tragica serie di attentati e l’incendio della Grenfell Tower, dove sono morte circa 80 persone.
Brexit e “final bill”
Sempre in merito alla Brexit ed alla “final bill” dell’uscita britannica dall’Europa, nei giorni scorsi per la prima volta il Regno Unito ha anche riconosciuto su documenti ufficiali che vi sarà un “financial settlement” nei confronti dell’Europa. In altre parola Londra pagherà l’Europa, tenendo in qualche modo fede agli accordi presi che vedono il Regno Unito ancora parte dell’UE per quasi due anni. Boris Johnson aveva attaccato l’Europa definendo le richieste di Bruxelles “un’estorsione”, rilanciando poi (“L’Europa può star fresca attendendo questo pagamento”). Ma quando si arriva al dunque ancora una volta è Londra a cedere il passo. L’ammontare della transazione non appare ancora chiaro, si tratta verosimilmente di una cifra fra i 50 ed i 90 miliardi di euro. Un ammontare che sicuramente sarà oggetto di negoziazione nei prossimi mesi, anche se l’Europa ha già fatto sapere di non voler procedere con le discussioni per il post-Brexit fino a quando non verrà definita la parte economica per l’uscita della Gran Bretagna dall’Europa. Sostanzialmente si parlerà dello scenario in arrivo dopo il 31 marzo 2019 soltanto quando il Regno Unito avrà saldato le sue pendenze economiche con il Vecchio Continente, che per di più chiede – come da accordi - pagamenti in euro (e non sterline) per questa transazione.
David Davis chiama il ministro finlandese. Risponde Michel Barnier
Bloomberg ha raccontato in questi ultimi giorni un altro siparietto in merito all’avvio delle negoziazioni della Brexit piuttosto infelice per i britannici. Secondo quanto riporta Bloomberg, il responsabile per le negoziazioni Brexit sul versante britannico avrebbe contattato a fine marzo, nei giorni dell’invocazione dell’articolo 50, il ministro della finanze finlandese, generalmente critico nei confronti dell’UE. Davis avrebbe anche annunciato, con toni entusiasti, l’inizio della Brexit, chiedendo supporto al ministro scandinavo. Solo a quel punto si sarebbe reso conto che il suo interlocutore era Michel Barnier, il capo negoziatore per l’Unione Europea nelle vicende Brexit. Un chiaro segnale della coesione che al momento pare esserci fra i 27 nelle negoziazioni. Il Regno Unito dovrà cercare di forzare l’unità europea (presente, al momento sul tema Brexit, ma non su molti altri temi, si pensi alle vicende dei migranti) anche se al momento le premesse paiono decisamente cupe per il versante britannico, anche perché i dati economici degli ultimi mesi hanno mostrato chiari segnali di deterioramento. L’inflazione del Regno Unito sfiora il 3%, mentre la crescita economica ha perso slancio, frenando a +0,2% nel primo trimestre 2017. Non un buon segnale in vista delle tante partenze delle aziende, in particolare del settore finanziario. Sui mercati valutari la sterlina ha raggiunto a metà luglio i minimi degli ultimi 10 mesi nei confronti dell’euro a 0,8948 (EUR/GBP), per poi recuperare terreno. La strada per la separazione fra Regno Unito ed Europa appare ancora lunga, con la Brexit destinata a restare al centro dell’attenzione (e dei mercati finanziari) per molto tempo.