L’oro ancora sotto quota 1.200 dollari in attesa della Fed
Non riesce a rimbalzare l’oro, ancora debole sui mercati, con la quotazione spot sempre sotto i 1.200$, anche dopo l’intervento di Mario Draghi, che ha esteso gli acquisti della BCE di altri 9 mesi, riducendoli però da 80 a 60 miliardi (su base mensile).
Alla base della discesa del metallo giallo, che si è accentuata a novembre, dopo l’elezione di Donald Trump, pesano numerosi fattori. In primis le crescenti aspettative per un rialzo dei tassi di interesse da parte della Federal Reserve e l’apprezzamento della banconota verde delle ultime settimane, che ha riportato il Dollar Index oltre quota 100.
Ma anche le news provenienti dall’India, con il massiccio esperimento di demonetizzazione (dall’esito sin qui molto discutibile) che sta mettendo in crisi parte dell’economia del paese, cosi come le possibili limitazioni all’import di oro da parte della Cina.
Dal punto di vista tecnico i prezzi rimangono in una fase di depressione, non riuscendo ancora a recuperare la soglia dei 1.200, divenuta in queste ultime settimane resistenza per i prezzi, dopo aver perso il ruolo di supporto. Tecnicamente il trend appare ancora impostato al ribasso, anche se lo spazio per ulteriori discese pare ormai essersi ridotto sensibilmente. Possiamo identificare i principali supporti in area 1.146-1.150 $ (dove sono attesi molti compratori), in area 1.100-1.110, 1.080 e sui minimi dello scorso inverno a 1.050 $. Come detto, nello scenario di una ripresa dei prezzi, avremo un primo segnale positivo con un ritorno delle quotazioni sopra 1.200$, anche se per chiamare una nuova inversione dovremo attendere il superamento dei 1.300-1.305$, l’area da cui ad inizio ottobre ha preso avvio la discesa delle quotazioni.